Microcredito e turismo responsabile.

Il dossier sul turismo responsabile di recente pubblicazione ha messo in luce come, sia nei paesi in via di sviluppo, primo bacino di espansione di questa modalità di turismo, sia in Italia, nei vari esempi che sono stati riportati, la realtà intorno a cui il turismo responsabile ruota è la comunità. Comunità indigena, che un viaggio in America Latina o in Africa può permettere di avvicinare; comunità di piccolo paese, di borgo, che in Italia viene valorizzata tramite nuove forme di soggiorno e iniziative eno-gastronomiche. Il microcredito, anch’esso declinato a seconda del territorio e del luogo, segue lo stesso principio: nel primo caso, nei paesi in via di sviluppo, si innesta direttamente nella comunità locale, per la natura aggregativa intrinseca di questi posti; nel secondo caso, in Italia, sembra avere, tra i molteplici scopi, anche quello di tentare di ricreare o far rivivere un concetto di comunità di auto aiuto e collaborazione reciproca.

LE ORIGINI DEL MICROCREDITO

microcredito2Il microcredito è quello strumento finanziario grazie al quale vengono erogati prestiti solitamente di piccola entità a persone considerate “non bancabili”, ossia non solvibili e quindi impossibilitate ad accedere ai servizi delle banche tradizionali, non avendo modo di offrire garanzie economiche sufficienti e di far fronte a tassi di interesse spesso troppo elevati. Il paradosso è lampante: coloro che avrebbero maggiormente bisogno di un aiuto finanziario non hanno accesso al credito, che viene invece concesso a chi di denaro già ne ha e ne chiede ancora per aumentarlo. Ad andare controcorrente e sfidare questo meccanismo è stato Yunus Muhammad, professore di Economia all’Università di Chittagong (Bangladesh), che ha fondato la Grameen Bank nel 1977, dimostrando come i poveri, e soprattutto le donne, cioè le più povere tra i poveri, una volta ottenuto un prestito, ne sanno far buon uso, investendolo in un’attività generatrice di reddito e quindi poi restituendolo. Quest’approccio ha rivoluzionato il modo di pensare l’aiuto allo sviluppo nei programmi di cooperazione internazionale, perché l’aiuto non viene più regalato ma “prestato” e le persone passano dal ruolo di “pazienti” a quello di agenti. L’esperienza di microcredito della Grameen Bank, dato il successo riscosso, ha trovato una facile ed immediata via di diffusione in molti altri paesi in via di sviluppo, ed è divenuto uno strumento adottato dalle Organizzazioni Non Governative, che in questi paesi prestano la loro opera.

IL MICROCREDITO NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO

microcreditoSi parlava all’inizio di turismo responsabile, perché esso può essere una delle fonti del microcredito, creando così una sinergia tra operatori turistici e ONG. Prendiamo un caso concreto: Viaggi Solidali, uno degli operatori turistici con più larga esperienza in ambito di turismo responsabile, e CELIM, ONG di Milano attiva in Africa, nei Balcani e in Medio Oriente, cooperano con il fine comune di contribuire al progresso e al benessere delle comunità locali.
In sostanza, i tour di conoscenza organizzati da Viaggi Solidali per esempio in Mozambico o in Zambia prevedono la possibilità per noi viaggiatori di entrare in contatto con comunità indigene nelle quali opera CELIM con programmi di microcredito, che vengono finanziati attraverso una parte della quota di partecipazione (chiamata “quota di solidarietà”) del viaggio responsabile. Queste quote vanno a costituire il
Fondo per lo sviluppo, rivolto a sostenere progetti concreti in tutti quei luoghi in cui Viaggi Solidali è presente.
Insomma, fa sicuramente piacere sapere che il mio
viaggio in Zambia, non ha solo dato modo a me di scoprire una realtà così diversa, ma ha anche contribuito alla distribuzione da parte di CELIM di più di 300 crediti che hanno dato la possibilità agli abitanti del distretto di Siavonga di avviare piccole attività produttive, generatrici di reddito e tali da permettere la restituzione del prestito al 90%.
Il microcredito nei paesi del terzo mondo è tendenzialmente concesso non a singoli individui ma a gruppi di persone, chiamati solidarity group nel modello della Grameen Bank, o più semplicemente gruppi o comitati; il principio è quello di creare una pressione e un aiuto reciproco tra i membri, in quanto ciascun membro del gruppo risponde vicendevolmente del prestito ricevuto e l’insolvenza anche di uno soltanto determina l’esclusione di tutti dal credito. Il microcredito, quindi, ha l’effetto di agire sulla comunità rendendola ancora più coesa e inspirando un senso di solidarietà diffusa; infatti, sebbene siano singoli gruppi a gestire il prestito, è la comunità tutta che partecipa alle attività produttive e ne trae benefici.

IL MICROCREDITO IN ITALIA

microMa oggigiorno il microcredito è uno strumento di aiuto che funziona non solo nei paesi del Sud del mondo, ma anche in quei paesi che fanno parte della metà del mondo cosiddetta ricca e progredita.
In Italia, per esempio, il numero dei “non bancabili” è altissimo, il potere di acquisto della moneta continua a perdere terreno, e questo determina un paese industrializzato con l’11% della popolazione (più di 7 milioni di cittadini) rappresentato da lavoratori poveri, da precari, a cui è impedita la partecipazione al mercato del lavoro e quindi a rischio di esclusione sociale. Anche in Italia quindi hanno iniziato a sorgere enti ed organizzazioni che si occupano di microcredito. E sono ormai numerosi; da Banca Etica, prima istituzione bancaria di finanza etica in Italia, che offre crediti non solo a coloro che si collocano tra le fasce deboli della popolazione, ma anche a quelle organizzazioni che si occupano di turismo sociale, di promozione culturale e artistica nelle aree di maggior degrado sociale; a Micro.Bo, associazione onlus di microfinanza operante a Bologna e Provincia, che offre servizi di microcredito a lavoratori atipici, disoccupati, persone fuoriuscite dal mercato del lavoro che desiderano avviare un’attività autonoma; alle sei MAG (Mutua di risparmio AutoGestito) di Milano, Torino, Verona, Reggio Emilia, Venezia e Roma.
Il tratto che differenzia il microcredito in Italia da quello nei paesi in via di sviluppo è che, considerato il forte spirito individualista occidentale, difficilmente è possibile applicare il modello dei prestiti di gruppo; il credito è quindi concesso in prevalenza a singoli individui per attivare imprese autonome. Ma quello che emerge è che anche nei paesi industrializzati il microcredito cambia per una volta prospettiva e raggio d’azione spostando l’attenzione dal “grande” al “piccolo”, dal capitale alla persona, dal patrimonio all’idea. Quello che si tenta di ricreare attraverso il microcredito è la ricostruzione di un tessuto sociale del territorio, di una comunità più compatta, solidale, in cui ci si viene incontro per permettere una qualità di vita migliore per tutti.
E con il microcredito è stato possibile per esempio aprire un esercizio di vendita di prodotti locali pugliesi, un negozio di frutta e verdura biologica, o di commercio equo e solidale, riagganciandosi in un certo modo alla tendenza a riavvicinarsi ad un tipo di attività più naturale, sostenibile, diretta, etica.

Lara Moro per http://www.yeslife.it/

Microcre

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